La realtà ci sfotte perché non c'è (Caro Maurizio Costanzo Show... lettera n.31)
lettera n.31

Come l'arciere incide il legno e raddrizza le sue frecce, così il maestro dirige i pensieri vaganti.

BUDDHA






















LA REALTA' CI SFOTTE PERCHE' NON C'E'

Caro Maurizio Costanzo Show,

capita talvolta che si senta la voglia o il bisogno (due sensazioni sorelle) di pensare o di dire o di scrivere qualcosa di intelligente, unite al timore di non essere in grado. Si ha la consapevolezza che si potrebbe, pur sapendo che in quell'istante non si può. I pensieri sono confusi, ma non tanto da non sapere che lo sono. E' una condizione frustrante, poiché ci si accorge di arrivare ad un passo da pensieri che soddisferebbero l'esigenza che noi avvertiamo di pensarli, senza che però essi sorgano od anche soltanto appaiano per un istante nella nostra mente. Ci sentiamo stupidi, assai di più di chi mai ha pensato di esserlo semplicemente perché non gli è mai venuto in mente, magari perché lo è.
Accade poi che questi istanti si protraggano, diventando periodi ed intere fasi della vita. In tali circostanze, la coscienza fatica a rimanere ancorata ad una linea di pensieri per più di qualche breve minuto. L'entropia, tanto per usare una parola difficile, è in agguato e colpisce a fondo. Cosa vuol dire questa frase? Fate finta di niente. Tanto per rendere l'idea al meglio, non ci faremo scrupolo di lasciare che tale fenomeno si applichi a noi stessi qui e adesso. Sapendolo in anticipo, il lettore patirà di meno, oppure no.
Siamo tutti incastrati nella realtà, qualsiasi cosa questa frase voglia dire oppure dica suo malgrado. La realtà è un posto buffo, anche perché non ha un paesaggio ben definito. In effetti, gli elementi più semoventi del paesaggio palesano una grottesca attitudine a trascorre quella parte del paesaggio che essi amano etichettare con il vocabolo "tempo" a litigare circa l'aspetto del paesaggio stesso. Troppo criptico? Ogni tanto il paesaggio è incomprensibile, lo so, ed è bene che lo sappiate anche voi, oppure no.
Nella realtà il paesaggio è tutto. Almeno dal punto di vista di quella parte del paesaggio che ha occhi per guardare, cioè per esempio noi. Avete notato come si fa più concreto il discorso quando si tira in ballo quella altrimenti trascurabile entità che ci piace chiamare "noi"? Non l'avete notato. Ma neanch'io, lo confesso. Facevo solo finta. Sto facendo finta in tutti i sensi. E certo faccio anche senso facendo finta così.
Qualsiasi discorso si faccia, alla fine si finisce sempre a parlare della realtà. Mai protagonista fu più sconosciuta della nostra diva di questa lettera e di questa vita.
E se non esistesse? Sarebbe un bel colpo di scena. Tutti i più pensierosi pensatori a pensare invano per vite intere a qualcosa che non c'è. Non è neanche così sciocco pensare che in realtà la realtà non ci sia affatto. Se ci fosse, qualcuno l'avrebbe trovata, da qualche parte, e l'avrebbe mostrata in giro, agli altri, ed essi (gli altri), avrebbero istantaneamente capito che si trattava proprio della realtà. La realtà vera non può lasciare dubbi, non può venire interpretata. La realtà vera può soltanto essere una, inconfondibile, evidente. Quelli che pretendono di raccontarci che hanno trovato qualcosa che secondo loro sarebbe la realtà, ma che a noi sembra una stronzata o peggio (o meglio... tanto non cambia niente), evidentemente hanno preso un abbaglio, se no ci avrebbero istantaneamente convinti tutti.
La realtà quindi è un'ipotesi maligna, poiché cercarla intasa le nostre già poco durevoli vite, distogliendo la nostra attenzione da ciò che più conta. Non so di cosa si tratti (ciò che più conta), poiché evidentemente anch'io sono incastrato dentro questa storia della realtà, come fra parentesi anche tutti voi (e per "voi" intendo chiunque in quest'etichetta ami riconoscersi, per esempio chi legge, ma solo per esempio).
Siamo circondati dalla realtà, non in senso reale (abbiamo stabilito che non esiste), ma in senso metaforico. Ovvero, la realtà ci ha ingabbiato nella trappola costituita dalla sua inesistenza.
Ovunque guardiamo, amiamo od odiamo credere (ma sempre crediamo) di vedere la realtà. Ma anche ovunque ascoltiamo, tocchiamo, odoriamo, assaggiamo. Ci compiacciamo o ci doliamo di percepire realtà ovunque. Eppure dovremmo avere dei sospetti. Quante volte vediamo un bipede a forma di femmina umana o di maschio umano ed esclamiamo pensandolo: "Che bella figa (o figo)" e qualcuno al nostro fianco obbietta che figa o figo essa od esso affatto non è. E' già in queste piccole cose che la realtà si sputtana, tradendo la propria evidente inesistenza. Figuriamoci le cose più grosse, come quando la realtà che non c'è si traveste (o così ci pare) da Bene e da Male, causando dissidi anche maggiori di quelli inerenti alle preferenze sessuali.
La realtà ci perseguita, perfetta nella sua ostinata, indifferente ed assoluta inesistenza.
Potremmo anche smettere di parlarne, almeno noi che ci stiamo accorgendo che non c'è. Se ne occupano già in troppi, che pretendono ad ogni occasione di spiegarci che cosa la realtà sia, ed a tal fine ci angustiano senza tregua né impossibile pietà. Di fatto, non è forse che pretendendo di spiegare con tanta precisione ciò che la realtà non sia, noi si commetta in ultima analisi lo stesso gesto che compie chi tenti di spiegare ciò che essa sia? Non è l'errore insito proprio nella domanda in sé?
Piantiamola con le domande sterili.
L'inesistenza della realtà diventa evidente quando le allucinazioni ci colgono. Le metafore intrapsichiche collassano e si confondono, tradendo la loro natura, appunto, di semplici metafore, e non di fedele specchio della realtà. La mente umana o ciò che noi chiamiamo così, è in fatti un mero costrutto di metafore organizzate. Tipico di una metafora è la funzione di rappresentare qualcosa come l'analogo di qualcos'altro. Nessuna metafora è quindi la realtà. Poiché qualsiasi cosa, a cui noi si pensi, a ben pensarci, è esclusivamente la metafora di qualcos'altro, che cosa ne consegue?
Ma non volevamo smetterla con le domande sterili?
Sarebbe più gradevole occupare il nostro tempo ad assaporare la descrizione di un bel pranzetto culinario od anche sessuale, oppure goderci direttamente il pranzo o il sesso o tutti e due assieme o qualcos'altro che non mi viene in mente perché dopotutto ho anch'io le mie manie e penso che non mi biasimerete troppo se queste manie coinvolgono la masticazione di cibi e la degustazione di sessi, garantendo comunque, a chiunque tra queste righe vaghi assorbendone il vago senso, che tali cibi e tali sessi ho sempre cura di selezionare con grande gusto poiché è proprio in funzione del gusto che tal gusto m'induce che me li gusto di gusto.
Mi sembra che ciò possa per oggi bastare, e pur sapendo che ciò è illusorio oppure no la pianto qui e così sia almeno per un po'.

Roberto Quaglia


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